Potrebbe apparire che, dopo l’incidente del 23 febbraio scorso che, di fatto, ha più o meno sancito la fine della carriera golfistica di Tiger (almeno ai livelli massimi), un libro che celebra il suo ritorno sulle scene mondiali sia superato dagli eventi.
Eppure Tiger è l’araba fenice più conosciuta dell’intera storia del golf (il rinascente per eccellenza, potremmo dire scimmiottando D’Annunzio), perché da grandissimo ha saputo risorgere più volte dalle sue ceneri. L’età, certo, ha il suo peso e, appunto, questa volta i giochi sono fatti. Ma la storia scritta rimane.
E Michael Bamberger ha saputo raccontare, in questo The Second Life of Tiger Woods, i retroscena e gli episodi meno conosciuti ma comunque fondamentali per far capire al lettore la storia che sta dietro la rinascita del campione. Rinascita che, come ben sappiamo, ha avuto il suo culmine in un momento non felicissimo per il golf nostrano; ma del resto si sa, avere Tiger dietro di sé non può lasciare tranquilli.
La storia prende l’abbrivio da quel giorno nefasto di maggio, il Memorial Day del 2017, in cui Tiger – poche settimane dopo aver confidato agli amici più stretti della concreta possibilità di non poter mai più giocare a golf, in seguito all’operazione alla schiena – venne arrestato in preda ai fumi dell’alcool oppure di droghe. Quelle immagini fecero all’istante il giro del mondo, e il semidio Woods fu esposto alla pubblica gogna. Quell’episodio poteva essere la fine di un mito; ma in realtà proprio da quel momento ripartì la rinascita.
Rinascita che viene molto ben raccontata e documentata dall’autore nelle oltre 250 pagine del libro; fino al culmine avuto il 14 aprile di due anni fa, in cui il cerchio magico venne chiuso per sempre. Al termine della gara, nella Butler Cabin Tiger dichiarò:
Sono rauco per tutte le urla che ho emesso. […] Non ricordo che cosa ho fatto dopo aver tirato l’ultimo putt. So che ho urlato. E avere i miei figli lì… si è chiuso il cerchio. Nel 1997 mio padre era qui. Ora sono io il padre.
Insomma questo è un libro che scava dentro ad un mito; anche se, e vorrei dire giustamente, noi comuni mortali non abbiamo il privilegio di sapere davvero chi è Tiger Woods.
@Gianni Davico